POLITICA
Nuovo Ospedale Monopoli-Fasano: intervista a Fabiano Amati
Tratto dal mensile Osservatorio giugno 2025 - «La politica – afferma l’assessore – si misura con ciò che si fa e con ciò che si promette di fare in modo credibile. Io penso di aver fatto il mio dovere»

Fasano - Il 26 luglio sarà inaugurata la struttura del nuovo ospedale Monopoli-Fasano. Sarà il giorno del trionfo di Fabiano Amati che questa struttura l'ha pensata e l'ha seguita passo passo, entrando spesso in conflitto sia con l'impresa che ha realizzato i lavori sia per i ritardi nell'avanzamento dei lavori ma anche per costi aggiuntivi dell'opera, apparsi sproporzionati. La sua ferma volontà di far realizzare il nuovo ospedale, gli è costata parecchio anche in termini politici. Cosa significa ora, dal punto di vista personale e politico, arrivare all'inaugurazione del nuovo ospedale, togliendosi parecchi sassolini dalle scarpe?
«Significa aver realizzato un sogno antico. Negli anni Settanta, quando fu inaugurato il reparto di ortopedia dell'ospedale di Fasano, ci si lasciò con la promessa di costruire un nuovo ospedale fuori dal centro abitato. Ma da allora nessuno ha mai provato davvero a farlo. Perché non è facile: significa entrare in conflitto, spezzare abitudini radicate, mettere in discussione poteri consolidati. La convinzione che la sanità debba stare “sotto casa” ha frenato per anni ogni possibilità di innovazione. E invece oggi ci siamo riusciti. Non solo per Fasano, ma per un territorio molto più ampio, compreso tra Bari e Brindisi, che finora non ha mai avuto un ospedale attrezzato per affrontare le emergenze tempodipendenti. È un risultato storico. E, senza falsa modestia, sono contento che il mio nome, insieme a tanti altri, sia legato a questo passaggio. Voglio sottolineare il ruolo fondamentale della stampa, e in particolare del vostro mensile. Se si guarda alla storia della città attraverso le pagine dell'“Osservatorio”, si scopre una linea coerente e coraggiosa, sempre aperta all'innovazione. Anche nei momenti più difficili, avete saputo offrire conforto e fiducia. Questo è stato determinante».
Quali sono stati i momenti difficili?
«Il più complicato fu la riconversione dell'ospedale Umberto I. Molti cittadini non capivano che stavamo scommettendo sul futuro. Decidere di riconvertire una struttura esistente, senza opporsi, era il nostro modo per ottenere attenzione e risorse. Significava dire: “noi collaboriamo, ma in cambio vogliamo un ospedale nuovo”. All'epoca quasi nessuno colse questo messaggio. Il sentimento popolare divenne ostile. Ricordo una manifestazione: tra i presenti, una donna in stato avanzato di gravidanza protestava con forza. Le chiesi, sorridendo: “Ma tu partoriresti qui a Fasano?”. E lei rispose in dialetto: “nan ge ve bune?” (non ci vai bene?, ndr). Rivendicava l'esistenza di qualcosa che lei stessa non avrebbe mai voluto utilizzare. E aveva ragione: pur con medici capaci, un punto nascita privo di terapia intensiva neonatale non ha alcun senso».
Politicamente leggendo i commenti su Facebook, alla notizia da te anticipata dell'inaugurazione del nuovo ospedale, c'è una grande platea che applaude, ma c'è qualcuno che pensa di fartela pagare politicamente soprattutto a Brindisi e in altri comuni del circondario, con Ostuni in prima fila.
«Sì, leggo tutto anch'io. A Fasano c'è un affetto straordinario, autentico. E poi c'è sempre qualcuno che storce il naso, per invidia o per calcolo. Ma ben vengano: aiutano a capire, rispetto a loro, la direzione contraria da seguire. Quello che molti non comprendono è che anche l'ospedale Perrino di Brindisi trarrà beneficio da questa nuova struttura, perché ne sarà alleggerito. E così alcune strutture in provincia di Bari. Ma se non si ha una visione libera da pregiudizi, si continua a pensare che l'assistenza sanitaria debba restare legata al proprio campanile. Invece l'assistenza non ha a che fare con i confini amministrativi, ma con la qualità delle cure. Nessuno vuole essere curato “dove capita”, ma dove si guarisce meglio. C'è chi ancora si ostina, e chi protesta per rimpianto: penso a chi, soprattutto a Ostuni, si oppose alla localizzazione iniziale a Speziale. Io conservo ancora il progetto preliminare. All'epoca, quella scelta fu osteggiata con l'idea che l'assistenza ospedaliera dovesse restare in un recinto comunale, quasi condominiale. Oggi si rendono conto dell'errore e anziché ammetterlo, protestano. Ma sabotare ciò che ormai è realtà non serve a nulla. Le persone scelgono dove curarsi meglio, non dove le porta l'orgoglio politico di qualcuno. Il futuro avanza con un vento fortissimo e non si ferma con le mani del pregiudizio, dell'invidia o dell'incompetenza».
L'ospedale Fasano-Monopoli è stato realizzato in tempi brevi per questo tipo di opere, considerando anche che in mezzo c'è stato il Covid: se tu non fossi stato sempre attento a battagliare e cercare di risolvere i problemi, difficilmente si sarebbe arrivati a questa conclusione.
«È stato completato in tempi ragionevoli, ma per me comunque troppi. Ho seguito passo dopo passo tutto il cantiere, segnalando ogni ritardo, ogni criticità, ogni costo che non mi convinceva. Credo che questa sia una delle opere pubbliche più trasparenti d'Italia. L'ho raccontata, documentata, condivisa con ossessione, e proprio questa comunicazione continua ci ha permesso di affrontare i momenti più difficili. Non ho mai temuto che l'opera si bloccasse: eravamo nel flusso inarrestabile della storia. Mi sono arrabbiato, quello sì, per il tempo sprecato. Ma la paura, no. Perché quando segui la direzione indicata dall'esperienze della storia, non puoi che ritrovarti nel punto giusto».
Farete l'inaugurazione a fine luglio, ma per concludere i lavori ci vuole ancora parecchio tempo. Per esempio l'accesso all'ospedale è ancora da completare; all'interno dell'ospedale poi, c'è tanto da fare ancora!».
«L'inaugurazione del 26 luglio segnerà la chiusura del cantiere e l'inizio del trasferimento. È l'avvio ufficiale del cronoprogramma operativo, che ci porterà entro fine anno alla piena attivazione dell'ospedale. Si procederà per fasi, come avviene in ogni trasloco. L'accesso principale sarà pronto per quella data e sarà utilizzato nei primi mesi. Nel frattempo, si concluderanno i lavori di viabilità per garantire un accesso agevole a regime. Fissare una data è anche un'azione strategica: aiuta a creare uno stato di tensione utile a raggiungere nei tempi l'obiettivo, così come avviene virtuosamente nel mondo dell'impresa privata e che non capisco perché non possa essere imitata nella pubblica amministrazione. Senza quella tensione, infatti, nulla si muove. Io ho sempre usato le date come metodo: sono il miglior acceleratore possibile. È come per il vostro giornale: se non ci fosse la scadenza dell'ultimo giovedì del mese, si rimanderebbe tutto al giorno dopo. Ma con una scadenza fissata, anche la stanchezza si piega al dovere».
In questi giorni all'interno dell'ospedale si stanno eseguendo delle piccole variazioni per adeguamenti: lavori che avreste dovuto affidare all'impresa e non è stato fatto, perché?
«Non sono mai intervenuto direttamente nelle questioni di affidamento dei lavori. Quando ho avuto dubbi su alcune decisioni, ho chiesto chiarimenti nelle sedi istituzionali. Ora che il cantiere è chiuso, restano alcune questioni aperte dal punto di vista amministrativo e contabile. Penso, per esempio, al collegio consultivo tecnico e a certi riconoscimenti economici che ritengo infondati e abnormi. Le tasse pagate dai cittadini sono per me materia sacra: verificheremo tutto con rigore. Ma oggi la priorità è aprire l'ospedale e metterlo al servizio delle persone».
Tu sei assessore al bilancio, ci vorranno altri soldi per mettere a regime questo progetto? In tanti per esempio si chiedono se i medici saranno sufficienti per passare da un ospedale come quello di Monopoli a questo grande ospedale?
«Il personale attualmente in servizio al vecchio ospedale di Monopoli sarà trasferito integralmente nella nuova struttura. Poi si attiveranno gradualmente nuove unità operative, come previsto. I concorsi dell'ASL Bari sono stati fortemente attrattivi, proprio perché legati alla promessa di questa nuova struttura. Medici e dirigenti vogliono lavorare in un luogo moderno, con tecnologie nuove e prospettive di crescita. Certo, la carenza di personale sanitario è un problema nazionale, ma è l'aspetto reputazionale a fare la differenza. E il Monopoli-Fasano è oggi una struttura a cui tutti guardano con interesse. Per questo bisogna costruire nuove strutture e riconvertire quelle vecchie, che spesso sono anche più esposte ai rischi di infezione. I dati sono impietosi: si entra in ospedale per curarsi di una malattia, cosa che avviene, ma si esce - se va bene - solo dopo aver superato altre malattie da infezione. Noi qui abbiamo corso. E se abbiamo corso è perché non abbiamo mai smesso di abbaiare, come cani da guardia, ogni volta che qualcuno si adagiava».
Nonostante la tua brillante carriera politica, pare ci sia qualcuno che prema per non darti la possibilità di ricandidarti. Cosa dici in proposito?
«Se finisse qui, avrei comunque legna da ardere per scaldare l'inverno freddo della mia vecchiaia, attendendo con il sorriso sulle labbra la sepoltura, a mano dei giovani che ho formato e di quelli che ho ancora intenzione di formare, poiché non ho intenzione di fermarmi. Anzi, consiglio sempre a tutti di allevare chi ti seppellirà. La politica si misura con ciò che si fa e con ciò che si promette di fare in modo credibile. Io penso di aver fatto il mio dovere. Basta rileggere le cronache degli ultimi vent'anni. I voti non sono ovviamente il tutto della vita politica e come i soldi non si portano al cimitero, ma chi lavora bene, tra mille ambasce e controversie, alla fine trova il giusto riconoscimento. Fasano e la provincia di Brindisi, da questo punto di vista, non mi hanno mai deluso».
Non provi disagio nel momento in cui dalla tua stessa parte politica si cercano di frapporre degli ostacoli alla tua ricandidatura?
«Non so se sia proprio così. Ma se così fosse fa parte del gioco. In politica, a volte, non si prova a imitare e superare chi fa tanto, ma si cerca di ostacolarlo per aver fatto tanto, attribuendo alla parola merito il significato di colpa. Io non credo che l'attività politica possa fondarsi sulla pratica noiosa del sabotaggio, ma sulla competizione virtuosa. Se qualcuno ha fatto tanto, chi vuole emergere dovrebbe fare di più e il giudizio lasciarlo agli elettori. Come è giusto che sia. Anche nel mio caso».
Tratto dal mensile Osservatorio giugno 2025
di Redazione
20/07/2025 alle 07:07:51
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