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    Attualità

    Processo d’appello: assolto il sindaco Lello Di Bari, sei mesi a Fabiano Amati

    La Seconda Sezione della Corte d'Appello di Lecce ha emesso la sentenza dopo ore di camera di consiglio: per Amati riconosciuta solo l'accusa di tentato abuso d'ufficio
    RedazioneDa RedazioneGennaio 21, 20153 minuti di lettura
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    Processo d'appello: assolto il sindaco Lello Di Bari, sei mesi a Fabiano Amati - Osservatorio Fasano
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    FASANO – Il consigliere regionale Fabiano Amati condannato a sei mesi per tentato abuso d'ufficio (assolto dall'accusa di falso ideologico perché il fatto non sussiste), assoluzione per Lello Di Bari. Questo ha deciso la Seconda Sezione d'Appello di Lecce dopo aver ascoltato l'arringa di Ernesto Sticchi Damiani, difensore di Fabiano Amati, l'ultimo dei legali iscritto a parlare. Dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, dunque, la corte si è espressa sulla vicenda giudiziaria che ha visto coinvolti i due esponenti politici condannati, in primo grado ad un anno e otto mesi (Amati) e otto mesi (Di Bari) in riferimento alla revisione e approvazione del piano di recupero del centro storico di Fasano.

     

    Il processo d'appello era iniziato il 14 gennaio con l'intervento del pubblico ministero Ferruccio De Salvatore il quale aveva chiesto la conferma in toto delle condanne comminate ai due esponenti politici in primo grado. Dopo di che avevano parlato gli avvocati Massimo Manfreda (altro legale di Amati) e Dino Musa (per Di Bari) che avevano chiesto l'assoluzione per i due. L'assenza di Sticchi Damiani, che aveva presentato una corposa memoria difensiva a favore di Amati, aveva fatto slittare di una settimana l'arringa del noto legale. Cosa che è avvenuta questa mattina. Dopo di che i giudici si sono ritirati in camera di consiglio per emettere la sentenza.

     

    Fabiano Amati e Lello Di Bari furono condannati, il 13 febbraio del 2014, in merito, come detto, alla revisione e approvazione del piano di recupero del centro storico di Fasano. Fu il gup Maurizio Saso ad emettere la condanna in primo grado. I fatti contestati risalgono al 2009 quando Amati, allora consigliere comunale di opposizione, fu delegato da Di Bari a seguire l’iter di definitiva approvazione dello strumento urbanistico che doveva disciplinare gli interventi edilizi nel centro storico della città. Secondo il primo cittadino, avendo Amati svolto nell’Amministrazione precedente, quella guidata da Donato De Carolis, l’incarico di assessore all’Urbanistica, era la persona migliore per redigere uno strumento di tale importanza. Cosa che l’ex assessore regionale alle Opere pubbliche fece nonostante le tante polemiche di natura politica che un incarico simile scatenò in città. La vicenda poi finì anche nella aule dei tribunali amministrativi per una presunta incompatibilità di Amati che non avrebbe potuto occuparsi del Piano di recupero del centro storico in quanto nell’area che lo strumento indica come centro storico lui e i suoi familiari hanno una serie di interessi. Per questo, nella primavera del 2009, ci furono, come detto, due ricorsi al Tar di Lecce: uno presentato da Saverio Potenza, ed uno da Maria Rosiello, Francesco e Vincenzo Saponaro. I due atti avevano un comune denominatore: puntavano il dito contro il consigliere Amati. Ma i giudici amministrativi respinsero le due istanze in quanto non hanno ritenuto il piano di recupero “non viziato da alcuna irregolarità, senza violazioni di legge e dei principi di materia di pianificazione urbanistica”. Dopo la condanna in primo grado prima Di Bari e poi Amati furono sospesi, in base alla Legge Severino, dalle loro funzioni amministrative.

     

    Alla luce di questa sentenza bisognerà vedere se sarà preclusa per Amati la possibilità di candidarsi alle prossime elezioni regionali mentre il sindaco Di Bari potrà presto tornare a ricoprire il ruolo di primo cittadino. 

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