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    Attualità

    Platone e la caverna

    Il Dirigente Scolastico Vita Ventrella ci invia una lettera di saluto
    RedazioneDa RedazioneSettembre 4, 2024Aggiornato il:Agosto 5, 20256 minuti di lettura
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    Platone e la caverna - Osservatorio Fasano
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    Fasano – Qualche giorno fa, mentre scorrevo come di consuetudine le pagine dei nostri tanto amati social, mi sono imbattuta nuovamente nel famoso racconto platonico (analizzato ai tempi del liceo) che illustra il mito della caverna, così come spiegato nel VII Libro della Repubblica.

    All’inizio del VII libro della Repubblica infatti, il grande filoso greco narra il mito della caverna, uno dei più noti ed affascinanti. In esso si ritrova tutta la teoria platonica della conoscenza, ma si ribadisce anche il rapporto tra filosofia e impegno di vita: conoscere il Bene significa anche praticarlo.

    Il filosofo che ha contemplato la Verità del Mondo delle Idee non può chiudersi nella sua torre d’avorio: deve tornare fra gli uomini, per liberarli dalle catene della conoscenza illusoria del mondo sensibile. 

    E’ Socrate a parlare in prima persona; il suo interlocutore è Glaucone:

    2 [e] – E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente piú chiari di quelli che gli fossero mostrati? – È cosí, rispose. – Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lí a forza, su per l’ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s’irriterebbe [516 a] di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. – Non potrebbe, certo, rispose, almeno all’improvviso. – Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell’acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, [b] potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso piú facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. – Come no? – Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria.

     

    All’interno della caverna avviene infatti questo: dietro quel manipolo di individui brilla la luce del fuoco e più lontana splende quella del sole. Tra la luce e loro stessi si trova un muretto, dietro il quale ci sono uomini che trasportano oggetti, animali, piante. Le attività di questi passanti producono ombre visibili, nel fondo della caverna. Coloro che sono all’interno dell’antro danno nomi e definizioni a queste illusioni, credendo di vedere entità reali.

    Uno tra loro riesce a liberarsi dalle catene e va fuori dalla caverna: i suoi occhi inizialmente sono abbagliati dalla luce. L’uomo ha una sensazione di disorientamento. Quando gradualmente i suoi occhi si abituano, egli riesce ad apprezzare la bellezza della natura circostante ed il sole, fonte di calore, luce e gioia…

     

    Ecco, ho pensato di illustrare l’allegoria platonica come discorso introduttivo e come presentazione alla comunità educante, per evitare ovvietà ma soprattutto per far riflettere sul significato che oggi il mondo della Scuola assume all’interno della compagine sociale.

    Tanto è cambiato negli ultimi tempi, soprattutto in quelli post pandemici!

    Sembriamo essere immersi in una sorta di Età della Rivoluzione (per dirla in termini storici), all’interno della quale il cambiamento è stato ed è repentino e sembra quasi obbligarci a “transizioni” di diverso tipo: ecologica, digitale, etica e morale oserei dire.

    Il sistema dell’Istruzione, quale componente essenziale della società deve tenere la corsa e pertanto tutti i soggetti interessati, docenti, personale scolastico in senso lato, studenti, famiglie e noi dirigenti siamo portati ad allenarci nel nostro quotidiano, per questa sorta di “maratona” del divenire, della scienza, della tecnologia e dell’universo delle competenze (quali saranno poi realmente è opinabile), 

    soft skills e hard skills, con tutto quello che ne consegue.

    Linee guida, decreti vari, rendicontazioni frequenti, RAV, PdM, PTOF, PNRR, PN e acronimi vari ormai riempiono i nostri discorsi e le nostre frequenti riunioni per gruppi di lavoro, perché così dicono che si fa, perché così siamo tenuti a fare, onde evitare di perdere la rotta e il ritmo delle cose.

    Ma sarà pur questa la realtà oggettiva? Sarà pur questo quello che vogliono i nostri studenti, le loro famiglie, il mondo dell’Università e del lavoro, che li attende, una volta usciti da questo meccanismo scolastico?

    Oppure la realtà è altro da quella che si vede, come diceva il tanto amato Montale? Necessitiamo quindi di un correlativo oggettivo, per comprenderla, oppure del mito, così tanto amato dagli antichi?

     

    Forse abbiamo bisogno di fermarci a riflettere, forse il nostro allenamento, forzato o spontaneo, deve avere dei momenti di pausa, per ritornare noi stessi, per pensare alla direzione da prendere, a quello che desideriamo come donne e uomini di Scuola, per condurre i nostri giovani verso l’uscita dalla caverna sociale…

    La luce, il sole, oltre il buio che talvolta ci sembrano essere e predominare.

    Si dice che si impara di più attraverso gli esempi; questo quindi l’augurio che rivolgo alla nostra Istituzione Scolastica, che da oggi ho l’onore e la responsabilità di dirigere.

    Insegnare agli studenti a vedere oltre le apparenze, come il saggio platonico, insegnare a comprendere la realtà del mondo e non il suo fantasma.

    Solo così saranno più liberi dalle catene, solo così non si sentiranno più prigionieri di un’esistenza in cui spesso non si riconoscono.

     

    ἄνθρωπος μέτρον…

    (Protagora)

     

    Non esistono verità assolute, la realtà è mutevole sulla base degli occhi di chi la osserva.

     

    «L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò non sono».

    Con queste parole che provengono dalla saggezza degli antichi, vi auguro un buon anno scolastico, all’insegna della sinergia di intenti e della volontà di offrire al nostro territorio quel paradigma culturale che questa Istituzione Scolastica ha da sempre rappresentato!

     

    Buon inizio a tutti voi!

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