DA OSSERVATORIO - MAGGIO 1987
In ricordo di don Cosimo De Carolis: le lettere di Tonio Leone e Paolo Leoci
L'11 maggio 1987 moriva improvvisamente don Cosimo De Carolis: nel 25° anniversario riproponiamo articoli e lettere scritte in quell'occasione e pubblicate su Osservatorio
Don Cosimo con i suoi amati fedeli
FASANO – Venticinque anni fa moriva improvvisamente don Cosimo De Carolis, uno dei sacerdoti più amati dalla comunità fasanese. In questo particolare anniversario Osservatoriooggi.it, in questa sezione dedicata al passato e all'edizione cartacea, vuole ricordarlo proprio con le testimonianze (articoli, lettere e documenti) prodotte in quell'11 maggio 1987, giorno della morte di don Cosimo. A futura memoria e in segno di riconoscimento per un mai dimenticato uomo di chiesa.
Alfonso Spagnulo
Lettera aperta a don Cosimo De Carolis (di Tonio Leone)
Una premessa che non avrei pensato, che non avrei voluto scrivere. Da qualche settimana avevo sulla scrivania questa "lettera aperta", indirizzata all'amico e Pastore don Cosimo De Carolis. La notizia del suo grave e improvviso malore mi ha sconvolto, scavando un vuoto nella mia vita, aver deciso di pubblicare questa lettera vuoi essere un'ulteriore testimonianza di stima e di riconoscimento verso la vita e l'impegno umano dell'amico del Pastore. In me e in moltissimi resta il dolore di una perdita immensa e la considerazione agghiacciante che la morte continua ad essere qualcosa di irrisorio e di scandaloso anche all'interno di un progetto di liberazione. Caro don Cosimo, è da diverso tempo che avevo in animo di scriverti. Scelgo la data di oggi, ricorrenza di due eventi che hanno segnato profondamente la nostra epoca: il ventesimo anniversario della "Populorum Progressio” e il settimo dell'assassinio di mons. Romero. Momenti che pochi giorni fa abbiamo ricordato tu ed io e che hanno suscitato alcune nostre riflessioni sulla condizione attuale del popolo di Dio in Fasano. In questa lettera voglio riflettere insieme a te, su uno degli aspetti dello stato attuale della Chiesa di Fasano: la conoscenza della Parola. E sul ruolo che nella nostra società ha il popolo di Dio, sul ruolo dei Pastori della Chiesa di Cristo nell'annuncio della Parola. Con te, prima che con altri Pastori della nostra Chiesa, nel rispetto di quel lungo rapporto che tra noi esiste sin dall'infanzia: sempre sereno, qualche volta critico, ma sempre fecondo e improntato alla comune, autentica, ricerca della Verità. In un momento in cui la società umana vive una tra le più profonde crisi di valori; nel momento in cui questo si riflette anche e compiutamente nella società fasanese, io mi interrogo e interrogo i Pastori della Chiesa di Cristo su quale possa e debba essere oggi la portata del messaggio liberatore del Cristo e la conoscenza della Parola. Ad una prima ma sommaria riflessione sullo stato della Chiesa di Cristo in Fasano oggi, si potrebbe rispondere con toni ricchi di speranza. Le grandi presenze di popolo in particolari momenti della vita ecclesiale, il via vai di giovani nelle parrocchie, lo splendore dei riti e dei canti, l'edificazione di nuove chiese, pur essendo segni di vita, non sono - io penso - compiutamente segni di speranza e di rinnovamento. Il limite è costituito, forse, dalla scarsa conoscenza che noi, popolo di Dio, abbiamo della Parola. Forse la delusione ricevuta dal fallimento di alcuni progetti umani, forse la "stanchezza" provata per aver a lungo inseguito in progetti "laici" la liberazione dell'uomo, delusione e stanchezza mitigate dal non aver mai relegato - tutt'altro - in una sfera secondaria il messaggio di Cristo, forse l'interesse e la passione suscitate in me da una lettura più "libera", sfrondata da vecchie incrostazioni, dei Vangeli, in modo particolare di Giovanni, mi hanno riproposto in termini nuovi ed esplosivi il ruolo e la presenza nella mia vita e in quella del mondo della figura del Cristo e del suo Verbo. In questo, grande è stato il tuo contributo. Ma c'è un altro elemento che è all'origine di queste mie riflessioni. La mia costante vicinanza ai giovani, il mio rapporto di ricerca e di impegno che, con i giovani soprattutto, dura da quasi un ventennio, mi hanno fatto scoprire quanto epidermica sia la nostra conoscenza di Cristo e del suo messaggio. Conoscenze che, quando ci sono, sono filtrate dai luoghi comuni. Caro don Cosimo, quale è la misura, nei giovani o negli adulti, della comprensione e della portata del messaggio di Cristo? Non credo che essa occupi un posto centrale neppure tra quei giovani che sono i più vicini alle parrocchie, ai Pastori, e che si dovrebbe presumere siano quelli ai quali maggiormente possa giungere la Parola. Quale grande contraddizione: si partecipa ai campeggi organizzati dalle parrocchie, si partecipa ai concili dei giovani, si anima la vita esteriore delle parrocchie, ma la conoscenza della Parola si esaurisce, spesso, in una sommaria, superficiale conoscenza di alcune frasi dei Vangeli. Caro don Cosimo, giorni fa, nell'ufficio della tua nuova chiesa, "tua" perché l'hai fortemente voluta, passavamo in rassegna alcuni momenti della nostra esperienza personale e sociale. I primi anni del tuo ministero nella chiesa di San Francesco da Paola coincisero con il momento più difficile, ma anche più fecondo, della vita ecclesiale e sociale degli anni '70. Erano gli anni che seguivano immediatamente il Concilio, gli anni della contestazione fuori e dentro la Chiesa, gli anni del fiorire delle comunità di base, del referendum abrogativo della legge Baslini-Fortuna, gli anni del grande dibattito tra marxismo e cristianesimo. Fasano fu investita dalla ricchezza di quei momenti, che contribuirono in misura determinante non solo alla mia crescita ma anche a quella di centinaia di giovani. Tante volte le nostre posizioni divergevano sulla interpretazione e sui metodi, più che sulla sostanza. Il tuo atteggiamento, però, sempre rivolto al " dubbio", quindi alla disponibilità ad ascoltare e a ricercare, creava le premesse perché il confronto fosse sereno e fecondo nella realtà di ogni giorno. Il denominatore comune era sempre lo stesso: «individuare gli strumenti per conoscere sempre più la Parola». A distanza di anni io ripropongo a te, e agli altri amici e Pastori della Chiesa di Cristo in Fasano, la necessità di ricercare gli strumenti più veri, perché la Parola entri nelle case, tra i giovani, tra i credenti e i non credenti; perché essa possa diventare mezzo di trasformazione delle coscienze. Non sono un assiduo frequentatore dei momenti organizzati del mondo cattolico. E tu lo sai bene. Ma sai anche bene che la mia vita, le mie esperienze umane, pur con i limiti, hanno trovato e trovano nella Parola la linfa insopprimibile è alla base del mio impegno sociale. Mi ritornano alla mente due episodi. Tanti anni fa, nei primi mesi del '73, quando mi affidasti la responsabilità di fare catechismo ad un gruppo di giovani operai cresimandi, mi raccomandasti una sola cosa: «Tonio, rendi sempre centrale nei tuoi incontri con i giovani, la Parola». A distanza di anni da questo, ricordo un altro episodio, che allora interpretai co me "battuta". Ma tale non era. Era una "provocazione". Quando apprendesti che mi candidavo al consiglio comunale nelle amministrative dell'80, incontrandomi mi dicesti: «Tonio, mi hai messo in crisi». E subito aggiungesti: «Ricorda, qualche volta, in consiglio comunale, se sarai eletto, che il più grande difensore dei deboli e degli umili è stato Cristo. E ricordalo con le Sue, non con le tue parole!». Fosti tu a mettere me in crisi ... A distanza di anni, sempre più consapevole della vacuità dei lunghi discorsi e delle rituali proclamazioni verbali a favore degli "ultimi", riconosco il senso profondo delle tue parole. Ed oggi sono io a lanciare a te la "provocazione". Cosa possiamo e dobbiamo fare, caro don Cosimo e cari Pastori della Chiesa di Fasano, perché a tutti giunga più chiaro e più compiuto il significato della Parola a favore degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati della nostra città? Perché non dovremmo portare fuori dal chiuso delle parrocchie, fuori dai momenti rituali dei dibattiti o delle omelie, nelle case, nei quartieri, ovunque si esprima una vita organizzata, il messaggio incandescente e unico della Parola? Temiamo, forse, che la gente sia stanca di ascoltare parole di speranze? È una paura che i politici non conoscono ad ogni scadenza elettorale ... Non corriamo noi cristiani lo stesso rischio di presentare alla gente la speranza del Cristo soltanto in momenti programmati e definiti da un momento liturgico o dalle grandi occasioni che scandiscono la vita religiosa in una parrocchia? È forse Cristo signore solo del sabato? È un interrogativo che pongo a te e agli altri Pastori. Sono ancora in tanti a credere che il messaggio dei Vangeli sia quello delle pratiche religiose o che un rosario sia sostituibile ad una riflessione profonda sul discorso della montagna o sulla preghiera sacerdotale dell'Evangelo di Giovanni. Come sono in tanti ancora a credere che possa essere accetta a Dio l'offerta senza essersi prima riconciliati con il proprio fratello. Conoscendoti, essendomi nota la tua disponibilità e la tua sensibilità, immagino che mi chiamerai e mi dirai: «Tonio, parliamo delle tue riflessioni; dammi anche tu un contributo concreto, perché all'esterno della parrocchia più si conosca la Parola del Cristo». Appena un anno fa, sul sagrato della tua vecchia chiesa, padre Vivarelli si chiedeva - stavamo aspettando te - se fosse meglio attendere che la gente venisse in chiesa o se piuttosto non fosse compito dei Pastori e dei credenti entrare nelle case e discutere sulla Parola con le famiglie. Questo "dubbio" è il nostro stesso "dubbio", al quale, però, si deve dare una risposta. Conta su di me, se lo riterrai opportuno, perché sia innanzitutto io a conoscere più profondamente il senso e la portata della Parola. Queste cose volevo dirti, pubblicamente, di fronte alla gente, perché il coraggio della testimonianza sia io, tra i primi, a ritrovarla. Con affetto. Fasano 24 marzo 1987
«Nemo propheta in patria» (di Paolo Leoci)
Cosi mi diceva spesso don Cosimo quando voleva sottolineare un momento difficile delle sue scelte. È stata anche una delle sue ultime citazioni che ha pronunciato in un momento in cui si preparava la novena della festa parrocchiale: S. Maria della Salette. Usava spesso citazioni in latino per semplificare un pensiero, per evidenziare alcuni aspetti di un problema, per invitare l'interlocutore a chiedersi il perché di un certo modo di fare. Arricchiva l'altro del proprio sapere, della propria spiritualità. «Nemo propheta in patria»: è un po' il sunto di tutta la sua storia di sacerdote, di parroco. Ora che non è più di questo mondo, di questa "patria", tanti lo cercano, lo piangono, lo rimpiangono. Mi si chiede di parlare un po' di lui. È troppo facile e nel contempo, troppo difficile: facile perché tanti sono i motivi e gli aspetti che hanno caratterizzato il nostro lavorare insieme; difficile perché non sempre le parole esprimono le stesse verità. Lo faccio con titubanza, tacendo volutamente su alcuni aspetti che potrebbero essere motivo di inutile polemica. Vuoi essere solo un modo, piccolo, per ricordarlo. Conosciamo don Cosimo (io e Ina) dai primi giorni del suo ministero sacerdotale: un giovane viceparroco che portava con sé "la novità" del sapersi esprimere, del saper parlare e più in là, del sincero rapporto con una persona che sa anche e soprattutto ascoltare. Non era un giovane prete tra tanti giovani; era un nuovo modo di essere giovani. Tre anni non sono molti, neanche pochi per poter conoscere una persona. E se questa persona, poi, arriva ad essere punto di riferimento, aiuto morale e spirituale per giovani e adulti, indistintamente, come lo era quel giovane viceparroco di tanti anni fa, c'é solo da ringraziare Dio per averlo incontrato. Lui quei tre anni di ministero vissuti nella nostra parrocchia di Monopoli, riuscì ad integrarsi cosi bene che, quando dall'alto arrivò la decisione di affidare a lui la responsabilità dell'Ufficio Catechistico diocesano, per la comunità fu come perdere il proprio parroco. Molti di noi riuscirono a mantenere un buon rapporto con lui anche quando fu "promosso" parroco a Fasano: si gioì in comunione di questa sua nuova ''avventura''. Abitiamo a Fasano dal '75 e lo dobbiamo al suo entusiasmo, alla sua semplicità che riusciva ad esprimere anche nel nuovo ruolo di parroco. Conosceva la nostra disponibilità e, come coppia, riusciva a darci i motivi di un impegno concreto nella comunità, tanto nuova per noi quanto difficile per lui. lo e In a veniamo dalla stessa comunità parrocchiale dove abbiamo operato per anni: dodici anni vissuti nella comunità della Salette come responsabili dei giovani prima, dei fidanzati e della catechesi familiare, poi, non abbiamo avuto modo o motivo di guardare indietro con rimpianto. Il nostro non è stato solo un buon rapporto fra collaboratori e parroco. I nostri tre bambini lo vedevano come l'amico di papà e mamma, come lo zio che sorride sempre. Ed è come amico che ci piacerebbe ricordarlo sempre; un amico che purtroppo, dava più di quanto ricevesse. Abbiamo vissuto insieme l'esperienza della chiesa nuova da costruire, le tante preoccupazioni che lo vedevano sempre e comunque deciso nelle sue scelte. Era cosciente delle molte difficoltà, e spesso ne parlavamo. Solo chi è stato al balcone può giudicare il suo lavoro: «poco cristiano». La sua sensibilità, la sua incapacità a chiedere (non per orgoglio, per superbia", come qualcuno arriva a pensare, ma per spirito di umiltà) non gli davano modo di esternare le sue preoccupazioni, la sua stanchezza, le sue amarezze, le sue delusioni. I problemi di ognuno erano anche i suoi problemi; i contrasti all'interno della comunità erano per lui motivo di sconforto. La gente semplice lo ricorda cosi com'era: disponibile, attento, rispettoso, deciso, vicino a Dio. Ha lasciato una traccia indelebile il suo passaggio in questo mondo. Ha concretizzato alcuni valori del suo ministero sacerdotale. Ci ha donato una piccola guida per gli sposi che esprime chiaramente quello che era il suo modo di concepire la comunità, la parrocchia. E se la nostra sarà una comunità come tante, in noi rimane la certezza che don Cosimo era un parroco come pochissimi.
di Redazione
11/05/2012 alle 19:38:17
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