SCOSSONE POLITICO
La maggioranza a Fasano perde pezzi: Vito Bianchi vota no al bilancio e passa all'opposizione
Il rappresentante del movimento 'in Comune' ha votato in modo contrario anche al piano triennale delle opere pubbliche presentato dal suo assessore di riferimento

FASANO - Il consiglio comunale di ieri (martedì 27marzo) se da una parte ha visto la maggioranza cantare vittoria sul risultato raggiunto con la diminuzione della Tari dall'altra deve fare i conti con il primo grande strappo: infatti si è registrato lo scollamento dal governo cittadino del consigliere comunale Vito Bianchi del movimento “in Comune”. Bianchi non solo ha votato contro il piano triennale delle opere pubbliche tra l'altro presentato dall'assessore Annarita Angelini che rappresenta proprio “in Comune” in Giunta comunale ma ha votato no anche al bilancio di previsione passando di fatto all'opposizione.
Tanti i punti di dissenso manifestati da Bianchi: la questione “Città dei giovani”, Pettolecchia, fondi tagliati a turismo e cultura, niente piste ciclabili, nessuna condivisione di agenda politica, cancellazione di “Selva in festival”, taglio del finanziamento agli scavi di Egnazia, piano coste mai rivelato, biblioteca indecente, scempio nella lama dove si tiene il presepe vivente di Pezze di Greco, mancati interventi a piazza Mercato Vecchio tra l'altro mai chiusa al traffico, mancata concessione per la sistemazione della costa e marchio Unesco respinto come parco regionale. Ora naturalmente rischia anche l'assessora Angelini. Indiscrezioni dicono che Bianchi avesse chiesto a quest'ultima di giungere dimissionaria in assise ma questo non è avvenuto. La palla passa ora al sindaco Francesco Zaccaria che valuterà dopo Pasqua il da farsi. Certo è che la situazione non è rosea per l'attuale assessora alla cultura e ai lavori pubblici avendo perso l'unico riferimento in consiglio comunale. Ma non è facile neanche per il primo cittadino che se decidesse di cambiare dovrebbe trovare una figura tecnica donna pernon turbare gli altri equilibri all'interno della maggioranza.
Di seguito il discorso integrale del consigliere Vito Bianchi durante il consiglio di ieri:
«“Tempus fugit”: fu con questa evocazione che, oltre due anni fa, decidemmo di intraprendere un percorso politico di coalizione partecipando alle primarie, e partecipandovi con la nostra consueta lealtà e con coerenza. Confesso che, personalmente, avrei volentieri evitato di imbarcarmi in una simile avventura. Per diverse settimane era stata coltivata l'ipotesi che il movimento in Comune non prendesse parte alla tornata elettorale. Ma poi, nella mente, nel cuore, aveva preso con insistenza sempre maggiore a risuonare la cogenza del “tempus fugit”, la necessità di non poter restare inerti, dinanzi al palpabile decadimento sociale, morale e culturale del nostro territorio. Non sono parole vaghe, esistono degli indicatori concreti per specificare il decadimento di una cittadina: ad esempio, Fasano è al primo posto nella provincia di Brindisi per ludopatia, con una spesa pro-capite dei fasanesi di ben 1140 euro all'anno, mentre la media provinciale è di 579 euro. Oppure, Fasano è al secondo posto per abbandono scolastico, dopo Latiano, e prima di Brindisi e altre città. Da questi due semplici dati, si comprende come l'emergenza sia forte, troppo forte. Due anni fa dovevamo dunque fare qualcosa, provare a incidere concretamente per avviare una rinascita della nostra comunità, per non lasciarci trascinare nel gorgo. Sentivamo che non c'era tempo da perdere, e che non potevamo né deporre le armi né arroccarci per un ulteriore quinquennio in una sterile opposizione. E allora, pur coscienti che elettoralmente ci avremmo rimesso in termini di consenso, pensammo di poter dare fiducia a un progetto in cui riversare almeno una parte di quella che era, ed è, la nostra visione per il presente e per il futuro di Fasano, e che si sostanzia di un equilibrio armonico fra il settore basilare dell'agricoltura, un'industria agro-alimentare che possa giovarsi del marchio Unesco per la Piana degli Ulivi Monumentali, la green economy, l'innovazione tecnologica, un turismo integrato e intelligente, declinato a 360 gradi, basato sulle eccellenze e sulle specificità territoriali, e infine una cultura che finalmente ci sprovincializzasse, aprendoci al mondo. Senza, peraltro, voler chiudere gli occhi dinanzi alle problematiche delle giovani coppie che non possono permettersi di comprarsi una casa e mettere su famiglia; e senza dimenticare di perseguire un sistema più razionale ed efficace per garantire la raccolta dei rifiuti e disseppellire il nostro Comune dal pattume, che non è solo fisico, in cui annega. Perciò, sacrificandoci, e con le migliori intenzioni, avevamo avviato un nuovo percorso politico, con cui contribuire a un'inversione della rotta, improcrastinabile, urgente. Confidavamo nel dialogo, nell'interlocuzione con chi doveva guidare il processo di rinnovamento. Confidavamo nella partecipazione alle scelte politiche, da condividere nell'interesse di tutti, e non personale, per il bene comune, e non individuale o egoistico. E tutto questo avremmo voluto farlo avendo ben chiara una visione di progresso per la nostra comunità, da attuare attraverso una progettazione ponderata, approfondita, condivisa. Una visione di cui il bilancio è specchio. Invece, non sta andando come auspicavamo. A parte la falsa interlocuzione e la mancanza di condivisione nei processi decisionali più importanti, spiace constatare come l'agenda politica sia dettata soltanto dai conciliaboli semi appartati nella villetta comunale alle 7,30 del mattino, e che, da ciò, derivi, politicamente, un vivere alla giornata, una precarietà, un pressapochismo e un'improvvisazione che tradiscono la mancanza di un filo logico, e che si traducono nella pericolosa rotta che porta al naufragio politico e amministrativo. E allora, io, oggi, qui, voglio fungere da sirena d'allarme: c'è un iceberg lì davanti, e questa amministrazione non può continuare a restare miope, chiusa nell'ebbrezza della cabina di comando in cui si basta a se stessi, mentre per le questioni più rilevanti si elargiscono o dinieghi, o rimandi a data da destinarsi. Non possiamo continuare a rimandare ancora, a dire no, e a fare terra bruciata disaggregando una coalizione proprio nel momento in cui, piuttosto, sarebbe necessario unire e serrare le fila. “Tempus fugit”: è in quello spirito che, come movimento in Comune, ci siamo messi in gioco. Non possiamo tergiversare ancora. Non possiamo adeguarci a questa deriva auto-distruttiva. La città ha bisogno di risposte, e ne ha bisogno adesso, sono passati due anni, non è più possibile aspettare. Non può aspettare la “città dei giovani”, da realizzare nel sito della ex Metalsiderurgica Liuzzi, perché si tratta di una questione sociale, laddove per l'egoismo edilizio di pochi si sta sacrificando la vita presente e futura di una moltitudine di cittadini; non può aspettare il restauro per tre milioni di euro, affidato a un'impresa fasanese, di Masseria Pettolecchia, cui il Comune di Fasano nega la trasformazione in centro culturale, una destinazione che sarebbe per noi vitale e che, paradossalmente, è stata già assentita dalla Soprintendenza; non possono aspettare le piste ciclabili e la mobilità dolce che già avrebbero dovuto manifestare un segnale di rinnovamento in via Giardinelli e in via Rosselli; e abbiamo aspettato fin troppo che si ponesse mano a un nuovo appalto e a un nuovo sistema per la raccolta dei rifiuti, anche questo gestito all'ultimo minuto, in fretta e furia, con esiti che si preannunciano sin d'ora molto poco risolutivi. E poi, non si possono tenere nascosti i criteri che informano il Piano Comunale Coste, per vederlo all'improvviso planare in giunta, per l'approvazione, senza un minimo di confronto. Non si può rimandare sempre al domani una gestione organica degli impianti sportivi, tensostatico in primis, con le società sportive che non possono pianificare alcun tipo di programmazione: tutta l'insipienza fin qui mostrata nei loro confronti mina dalle fondamenta la possibilità di far crescere nello sport le giovani generazioni: e lo dico a ragion veduta, poiché non solo da agonista ho frequentato per anni, e conosco a menadito, ogni recondito angolo delle strutture sportive fasanesi, ma in più, ancor oggi, ho un figlio in tenera età che si allena con una società la quale, però, non sa come programmare l'immediato futuro, per assenza di certezze nella gestione degli impianti. Come cittadini, non possiamo nemmeno vivere nel miraggio della Biblioteca di comunità, che arriverà a compimento, speriamo, fra qualche anno: e nel frattempo? Ci siamo o no resi conto di possedere una biblioteca comunale indecorosa per risorse e sottonumerata per organico? E che non esiste neanche più un solo computer funzionante, ormai da tempo immemore? E' un'indecenza, per una città come la nostra, che sfiora i 40.000 abitanti. Ed è doloroso vedere come, per un corso di aggiornamento di non so quale utilità presso un istituto pontificio (o giù di lì) si trovino risorse in bilancio, e per acquistare i computer della biblioteca, con la stessa cifra, non ci siano soldi. In attesa della Biblioteca di comunità, futuribile, nell'immediato, cosa facciamo? Continuiamo a negare e a disprezzare il sapere e la cultura? Così come stiamo negando la salute ai nostri concittadini? Sì, perché mi sembra tanto di rilevare una tragica similitudine con le sorti del nostro ospedale, ridotto ai minimi termini, nel miraggio lontano del nuovo nosocomio che verrà chissà quando. E intanto moriamo, anche di cultura negata. Quando, poi, anche quel poco che si è costruito, lo si affossa, ecco che davvero siamo all'auto-castrazione. E' sulla cultura che si fonda il rinnovamento di una città. Senza voler citare i casi di Spoleto, Ravello, Umbria Jazz, dove si investono milioni di euro, e non poche migliaia di euro, pensiamo a Giffoni: chi conosceva questo paese? Oggi è un punto di riferimento mondiale, col suo Festival del Cinema per ragazzi. Che c'è, e rimarrà. Il Selva in Festival, invece, è stato completamente cancellato, e con esso anche l'operazione sociale di raccogliere una comunità intorno a un evento che ci ha proiettati di colpo in una dimensione internazionale, sostenuto dall'afflato e dall'entusiasmo della gente del luogo, che si è ritrovata, insieme, a concorrere a un progetto che finalmente apriva il nostro territorio alle culture del mondo, che valorizzava la nostra natura e i nostri beni culturali: tutto eliminato con un colpo di spugna. Nonostante dietro il Selva in Festival vi fosse, una volta tanto, un racconto, una progettualità che intrecciava società, cultura e turismo (e non due concerti appiccicati senza un senso per riempire un po' d'estate). Già, il turismo: cosa si è investito nel bilancio comunale per un comparto così strategico dell'economia locale? Sparuti info-point, affidati a personale eterogeneo, senza nemmeno un punto informativo alla Selva che, pure, decenni fa, quel punto di informazioni turistiche ce l'aveva, ed era un fiore all'occhiello del comprensorio. E i biglietti integrati per i musei, da organizzare a costo zero, chi li pensa? E la valorizzazione del territorio, chi la fa? Anzi, se ce ne è uno che la coltiva, come il Parco Regionale delle Dune Costiere, ci si guarda ben dal collaborare. Il massimo della prospettiva turistica che si è riusciti a immaginare è stato chiedere agli hotel e agli operatori del settore di portare qualche dépliant che sarebbe servito per la BIT di Milano: scusate, ma una simile rozzezza non si usava neanche nel turismo degli anni Cinquanta. E non è possibile imputare sempre la carenza di gestione e di organizzazione alla mancanza di denaro nelle casse comunali: perché non costerebbe nulla, sarebbe a costo zero, per esempio, la chiusura ai veicoli di piazzetta mercato, quale momento di partenza per una rivitalizzazione del centro storico. E invece: niente, aspettiamo. Nel frattempo, pasticciamo un po' con la vicenda-Tricom, e chiudiamo un occhio sui tentativi maldestri di distruggere un pezzo degli insediamenti rupestri dove si svolge il Presepe Vivente, in un sito antichissimo e prezioso, da proteggere, e non da scassare con mezzi meccanici perché altrimenti non viene bene l'allestimento. Oppure rinunciamo a dare un decoro al litorale respingendo iniziative di imprenditori accorti e sensibili, pronti a risistemare tratti di marina in balìa dei barbari, del campeggio selvaggio e degli sporcaccioni. Aspettiamo, vediamo. E magari frattanto tagliamo pure sui fondi per gli scavi archeologici di Egnazia, nemmeno lontanamente contemplando l'idea di una migliore cartellonistica. Che nel territorio di Fasano rientri l'area archeologica più grande e importante della Puglia, è irrilevante, per il nostro bilancio. Altrove, credo, un tale patrimonio sarebbe stato curato ben diversamente. Ma così non può andare. Al di là del gioco delle parti, al di là di maggioranza e opposizione, qualcuno, diamine, deve pur dirvelo che lì, davanti alla prua della nave, c'è un iceberg, e che stiamo per sbatterci contro. Persino Davide Casaleggio è già a Borgo Egnazia. L'inerzia sta uccidendo Fasano, e certe volte bisogna dare uno schiaffo agli amici intontiti, nel loro bene, affinché tornino a guardare in faccia la realtà. Il mio “no” al bilancio prendetelo come un tentativo di scuotere questa amministrazione, di farla risvegliare e di farle cambiare direzione, adesso, se si è ancora in tempo (e non ne sono neanche tanto sicuro). “Tempus fugit”: lo dico per voi. Lo dico per una cittadinanza che non può più aspettare né aspettarvi. E, d'altronde, nemmeno io posso continuare a fare a pugni con la mia coscienza».
di Redazione
28/03/2018 alle 05:37:40
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