IN TAVOLA A PASQUA
La domenica di Pasqua
Come si apparecchia la tavola e cosa si mangia a Pasqua in onore della tradizione?

Se desideriamo rendere più attuale la nostra tradizionale tavola pasquale, scegliamo una tovaglia di lino con fresche fantasie: fiori primaverili o quadretti bianchi e gialli. Se le sedie risentono dell'usura del tempo, ricopriamole con una fodera in tinta pastello; un bello schienale in stile, invece, merita di essere messo in risalto con una vernice acrilica satinata. Il centrotavola sia costituito da un bouquet basso di fiori freschi: viburno bianco con roselline e tulipani dai colori smaglianti. Altra simpatica soluzione: un cestello di uova colorate, alternate a fresie o fiori di pesco, di raffinato effetto decorativo. Semplice la preparazione: svuotare le uova, praticando con un ago tanti forellini uno accanto all'altro, rompere la parte perforata e lasciar uscire il tuorlo, bucandolo. Quindi lavarle con acqua acidulata con aceto e dipingerle con colori acrilici.
Perché le uova restino, invece, commestibili, bollirle per dieci minuti con sostanze innocue di origine naturale, come bucce di cipolla o polvere di curcuma o tè.
Non si dimentichino i segnaposto: semplici cartoncini a forma di colomba realizzati da noi o dai nostri bambini, o bigliettini con l'immagine del Risorto, impreziositi da fiocchetti variopinti contenenti una frase nostra o un verso di qualche poesia inerente alla festività.
In quanto al menù, non ce n'è uno fisso, ma ci sono dei piatti che non possono disertare la tavola di Cristo Risorto. Stiamo parlando del timballo di maccheroni con mortadella, mozzarella, pecorino e ragù, o della pasta con polpettine di carne, provola e sugo al pomodoro, entrambi al forno. Vogliamo dare un tocco di letteratura al nostro timballo? Prepariamolo come quello descritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «L'oro brunito dell'involucro, la fragranza di zucchero e cannella (è una ricetta agrodolce) che ne emanava, non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall'interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano i fegatini di pollo, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima di maccheroni corti, cui l'estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio».
E dire che c'è qualche ben pensante che crede ancora essere la cultura gastronomica figlia di un dio minore! Ahimè, non sa cosa si perde!
Tornando al banchetto pasquale, di solito la pasta si preferisce al forno, per una questione di praticità: consentire alle donne di casa di prepararla al mattino presto e, successivamente, uscire per recarsi in chiesa e scambiare gli auguri con parenti e amici.
E per secondo?
Volendo continuare ad omaggiare la cultura andrà bene lo spezzatino di capretto “alla Grazia Deledda”, rosolandolo in un soffritto di olio d'oliva e cipolline tagliate sottilmente. Quando sarà cotto, basterà aggiungere un uovo sbattuto nell'aceto bianco e un pizzico di sale.
Se si è tradizionalisti, andrà bene l'agnello al forno con patate: adagiare in una teglia olio, prezzemolo, aglio, sale, pepe; sistemare, quindi, i pezzetti di agnello, non troppo grandi, riempiendo i vuoti con le patate tagliate a bastoncini e condite con olio, vino bianco, prezzemolo tritato, sale; spolverare la superficie con pecorino grattugiato e pangrattato, irrorando con un filo d'olio. Unitamente all'agnello, in teglia starebbe bene una capuzzella, testina, da gustare spolpandola e assaporandone i bocconi più prelibati: cervello, lingua, occhio.
Altro piatto forte, il marro. Per Nicola Borri si tratta di un piatto «caratteristico ed esclusivo della Puglia. Non credo – scrive – che in altre regioni possa esistere qualcosa che gli somigli. In alcune zone si chiama addirittura “cazzimarre”, con una chiara allusione alla sua forma fallica... Non sono molte le persone capaci di fare il marro o di impegnarsi a farlo. Tra qualche anno diventerà una reminiscenza storica, come tante cose che urtano con il progresso, il tempo e l'abitudine di una cucina prefabbricata».
Tranquillizziamo i buongustai: in loco i macellai sono, a tutt'oggi, insuperabili nel preparare il marro secondo antichissime ricette. Vengano pure a Fasano tutti gli estimatori della buona cucina e potranno gustare, insieme al marro, altre pietanze celestiali.
Occorre investire di più e con più coraggio nel turismo culinario, nella cultura gastronomica dei padri – non ci stancheremo mai di ripeterlo –, perché abbiamo “nel piatto” risorse vergini, in attesa di essere colte, che potranno ridisegnare il futuro economico del nostro paese.
Come si prepara il marro?
Si prendono il fegato, la milza, i rognoncini, la coratella, la rete e tutte le budelline di un agnello o di un capretto. Lavato il tutto con cura, soprattutto le budelline, si mette la rete in acqua e aceto. Si tagliano tutti gli ingredienti a pezzi, eccetto le budella e la rete, la quale va farcita con le frattaglie, condite con sale, pepe e prezzemolo tritato. Si avvolge bene tutto a mo' di salame e si lega con le budelline, passandole intorno diverse volte. Si cuoce in forno, sistemato in una teglia unta di olio. Va servito in tavola a fette spesse, onde evitare che si disfino.
Per completare il pranzo di Pasqua: verdura cruda, uova sode colorate, formaggi freschi locali, insalata primavera, contorni vari, vino particolare, frutta di stagione, dolci preparati il Sabato Santo, e ancora cartellette di frutta, uova di cioccolato, liquori casalinghi, e un buon caffè «caldo come l'inferno, nero come il diavolo, puro come un angelo e dolce come l'amore», parafrasando CharlesMaurice de Talleyrand. Così, risorta anche la pancia – il Signore non se ne abbia a male: del resto Lui rimane l'Ospite d'onore per eccellenza alla nostra tavola –, ci prepariamo ad affrontare la maratona culinaria del Lunedì dell'Angelo, da trascorrere al mare o in collina.
di Palmina Cannone
07/04/2012 alle 14:33:35
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