RUBRICA - FISIOTERAPIA
Il gomito del tennista
Ospite di Osservatoriooggi.it la fisioterapista fasanese Carmela Lisi.

FISIOTERAPIA - Avere “il gomito del tennista” non significa possedere spiccate abilità nel gioco del tennis, bensì essere affetti da una patologia che colpisce chi pratica particolari attività lavorative o sportive che comportano eccessive sollecitazioni meccaniche a livello del gomito.
E' un disturbo che colpisce prevalentemente soggetti di sesso maschile tra i 35-55 anni che praticano particolari sport come il tennis o la scherma, ma è anche abbastanza comune in coloro che usano particolari attrezzi da lavoro come il martello pneumatico.
Il “gomito del tennista”, meglio conosciuto in gergo medico come epicondilite, è un'infiammazione dei tendini dei muscoli epicondiloidei (estensore ulnare del carpo, estensore comune delle dita, anconeo, estensore proprio del mignolo) che originano a livello dell'epicondilo (la sporgenza ossea del gomito) e consentono i movimenti di estensione del polso e delle dita.
Questa patologia viene definita come “over-use syndrome” cioè una patologia che, a causa di ipersollecitazioni funzionali e microtraumi dovuti a reiterati (ed a volte errati) movimenti, finisce per indebolire, fino addirittura a lacerare, le fibre del tendine estensore radiale breve del carpo. La patologia si manifesta clinicamente con dolore localizzato nella regione laterale del gomito, a livello dell'epicondilo, che si irradia a volte lungo il bordo radiale dell'avambraccio e viene risvegliato nei movimenti di estensione e supinazione dell'avambraccio, quando si compie uno sforzo anche di modesta entità come sorseggiare un bicchiere di acqua. Il dolore, in genere, tende a regredire con il riposo notturno.
Nelle fasi iniziali, la patologia ha un esordio subdolo ma risulta importante non sottovalutare il problema in quanto in alcuni casi può diventare invalidante comportando l'insorgenza di impotenza funzionale e difficoltà nello svolgere le comune e banali azioni di vita quotidiana. Occorre procedere, inoltre, con un'accurata valutazione diagnostica per fare diagnosi differenziale poiché spesso, sintomi simili all'epicondilite possono essere presenti in altre patologie come la “Sindrome del tunnel carpale”, oppure una sofferenza del nervo radiale.
Il trattamento dell'epicondilite mira prevalentemente alla risoluzione del dolore, il sintomo per il quale il paziente richiede l'intervento del medico. A tal proposito è opportuno ricordare che, se il disturbo insorge per microtraumi dovuti ad attività sportiva, è bene sospenderne la loro pratica per qualche tempo e, ricorrere all'uso di specifici tutori che mettono a riposo l'articolazione ed anche alla crioterapia in quanto, l'uso del ghiaccio è un valido alleato nel ridurre i processi infiammatori oltre ad avere azione antalgica. Nella riduzione del dolore, accanto alla terapia medica antinfiammatoria o con infiltrazioni locali, anche la fisioterapia ha un ruolo molto importante e prevede ultrasuoni, ionoforesi e tecarterapia.
Il trattamento fisioterapico deve, anche, suggerire al paziente quello che è il movimento corretto da eseguire perché nell'ottica dell'“economia articolare” è importante un'“igiene del gesto” volta ad apprendere delle soluzioni alternative a quei movimenti che possono indurre lesioni di ordine meccanico alle strutture articolari. Per cui, ad esempio, nel gioco del tennis, è importante addestrare il paziente, giocatore occasionale, a come impugnare correttamente la racchetta per non andare a creare un sovraccarico funzionale a livello di polso e gomito.
In rarissimi casi, quando tutti questi trattamenti conservativi non hanno efficacia è necessario ricorrere alla terapia chirurgica che consiste prevalentemente nella escissione, cioè asportazione, del tessuto tendineo degenerato.
di Carmela Lisi
18/02/2013 alle 09:48:18
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