SANITà AL COLLASSO
L'Asl pensa agli ospedali di comunità per ricoverare gli influenzati ma a Fasano non è ancora attivo
Al Perrino di Brindisi ormai non ci sono più posti e l'entrata in attività dei presidi di Fasano e Mesagne per il dg Pasqualone potrebbe essere una soluzione

FASANO - Dopo le inaugurazioni dei mesi scorsi, gli ospedali di comunità della provincia di Brindisi sono ancora in attesa di entrare in servizio a pieno regime. Quello messo meglio è quello di Fasano, dove entro una decina di giorni, giorno più giorno meno, è atteso l'arrivo dell'accreditamento regionale, strumento indispensabile per ottenere le dotazioni strumentali e di personale previste dalla legge. Per Mesagne, invece, pare che i tempi saranno più lunghi anche se l'esito dovrebbe essere lo stesso: il ritardo nell'ottenimento del documento di accreditamento dovrebbe essere legato esclusivamente a questioni di natura burocratica. Tra qualche mese, stando così le cose, si potrà stilare un primo bilancio del funzionamento di queste nuove strutture che dovrebbero contribuire a implementare la più volte invocata rete ospedale-territorio che ha il compito di migliorare le condizioni ambientali e cliniche degli ospedali tenuti in piedi dal piano di riordino elaborato dalla Regione. Una delle polemiche più vibranti che hanno animato il dibattito attorno al piano di riordino, infatti, è proprio quella legata alla doppia velocità con la quale si stanno mettendo in pratica le disposizioni del documento che sta cambiando i connotati del sistema sanitario regionale e, in maniera ancor più visibile, locale: in molti pensano che le chiusure di ospedali, reparti e altre strutture stiano avvenendo molto più velocemente dell'attivazione dei processi che dovrebbero garantire quei miglioramenti promessi da un sistema più snello, efficiente e performante. L'attesa per capire quanto i neonati ospedali di comunità possano assolvere al compito per il quale sono stati pensati è tanta. Secondo il direttore generale dell'Asl, Giuseppe Pasqualone, le nuove strutture dovrebbero limitare in maniera significativa, ad esempio, il fenomeno delle extralocazioni, i ricoveri di pazienti in reparti diversi da quelli deputati alla cura delle proprie patologie, accogliendo nelle corsie gli utenti non acuti: uno degli esempi portati dal numero uno di via Napoli per spiegare come raggiungere l'obiettivo ha riguardato i tanti casi di influenza che, in questi giorni, stanno intasando i reparti dell'ospedale Antonio Perrino, producendo un record di extralocazioni.
A proposito di influenza adesso si può davvero parlare di un boom di casi Ma soprattutto, secondo la tesi degli esperti, il picco non è ancora stato raggiunto. Le statistiche negli ultimi giorni parlano di un raddoppio del numero degli italiani che hanno contratto il virus influenzale. In molti hanno preso d'assalto pronto soccorso. L'ultimo bollettino dell'Iss che fa riferimento al periodo del 25-31 dicembre, parla di 673.000 casi, che portano il numero globale dei contagiati a 2.168.000 da quanto è iniziato il periodo di sorveglianza. Un vero boom se si pensa che nella settimana precedente gli italiani colpiti dal virus ammontavano a 387mila. Un trend in costante crescita che ha colpito tutte le regioni d'Italia ad esclusione del Nord Est. L'incidenza dell'epidemia in Italia è pari a 11,11 casi per mille assistiti, un numero già ampiamente superiore a quello dell'anno passato. Un dato che si avvicina molto alla soglia di guardia dei 13,50 casi di media, la soglia fatidica che identifica come ‘alta' l'intensità della diffusione dell'Influenza 2018. Al momento, le regioni in cui l'epidemia influenzale è stata maggiormente diffusa sono Lombardia, Liguria, Trento, Marche, Basilicata e Calabria.
I sintomi di questa forma influenzale che sta colpendo tutte le regioni d'Italia sono spesso improvvisi e si palesano con febbre spesso molto alta, tosse, mal di gola, sintomi da raffreddamento, dolori alle articolazioni, riduzione dell'appetito e debolezza. Nei bambini sono stati notati frequenti casi di vomito e diarrea. Per contrastare i sintomi si può ricorrere ai farmaci o meno, a seconda della valutazione del medico di fiducia. Decisamente meglio fare a meno di antibiotici a meno che il medico non li ritenga strettamente necessari qualora ravvisasse la presenza di infezioni batteriche. Il consiglio principale è quello di evitare colpi di freddo e rimanere a riposo. Bere molta acqua è un altro dei consigli preziosi per alleviare anche la tosse e reintegrare i sali minerali. Generalmente sono sufficienti tre-quattro giorni per la remissione della malattia, ma per evitare ricadute è sempre meglio attendere qualche giorno in più prima di uscire e tornare alla vita quotidiana. Se la febbre supera i 39°, l'uso di antipiretici è necessario per far abbassare la temperatura.
di Redazione
08/01/2018 alle 06:10:03
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