ATTUALITà
Mancata ordinanza di messa in sicurezza dell’ex Lido Pipoli: il sindaco Zaccaria condannato in primo grado
Il primo cittadino annuncia il ricorso in appello: «Sono convinto della liceità e della bontà del mio operato»

Fasdano - Il sindaco di Fasano Francesco Zaccaria è stato condannato a sei mesi di reclusione perché ritenuto responsabile dell'ipotesi di reato di omissione di atti d'ufficio. Il Tribunale di Brindisi nella sentenza del presidente Valerio Fracassi ha accolto la tesi del pubblico ministero della Procura di Brindisi Raffaele Casto, titolare dell'inchiesta condotta dalla Polizia Locale di Fasano.
Il procedimento penale arrivati ieri 29 gennaio a sentenza riguarda una vicenda del gennaio 2017. Secondo l'accusa il primo cittadino di Fasano avrebbe dovuto emettere un'ordinanza urgente di messa in sicurezza dell'ex Lido Pipoli con l'obiettivo di rendere l'area inaccessibile perché ritenuta a rischio di crollo.
Il P.M. aveva chiesto una condanna a otto mesi di reclusione. Zaccaria oltre alla condanna di sei mesi è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per un anno: le pene sono state sospese e non menzionate nel casellario giudiziario.
L'avvocato Fabiano Amati, difensore del sindaco, aveva chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato. Secondo Amati la messa in sicurezza sarebbe stata competenza dell'ufficio tecnico e non del sindaco.
Questa la nota fatta pervenire dal sindaco Zaccaria in merito a questa vicenda:
«La dura vita del sindaco
Stretto tra le ipotesi di abuso di ufficio e di omissioni
Cari concittadini, avrete sicuramente appreso della vicenda giudiziaria di lido Pipoli: vorrei in poche parole cercare di descrivere cosa è successo.
Nel 2017 le mareggiate fecero collassare la piattaforma di cemento davanti al Lido: in seguito al sopralluogo degli agenti di Polizia locale, venne notificata al dirigente del Settore Lavori pubblici e al sottoscritto la necessità di demolirla. Feci immediatamente notare che, in virtù della competenza e delle prerogative amministrative, il provvedimento doveva essere adottato dal dirigente. Anche alcuni testimoni al processo lo hanno sottolineato, raccontando delle riunioni nelle quali fu acclarata la competenza appannaggio del dirigente.
Tuttavia, sono stato ritenuto responsabile. Se avessi firmato, qualcuno avrebbe potuto anche accusarmi di abuso di ufficio, oggi paradossalmente rispondo di rifiuto di atto d'ufficio: è il duro mestiere di ogni sindaco, che deve decidere e operare scelte, anche se stretto fra un guaio o l'altro.
Naturalmente, farò appello: sono convinto della liceità e della bontà del mio operato, perché ho solo invitato il dirigente a firmare per competenza, cosa che poi è accaduta.
Avrei potuto anche pagare 4.500 euro di oblazione, come previsto dal Codice penale, ed evitare così il processo: non lo ritenevo giusto, oltre che troppo oneroso per le mie tasche di amministratore pubblico che esercita onestamente il suo mandato.
La sentenza per questo tipo di contestazione non comporta alcuna conseguenza amministrativa per il sindaco, ma sono a disposizione per ogni chiarimento: la trasparenza, per me, è un dovere assoluto».
di Redazione
30/01/2024 alle 15:52:31
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