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    Cronaca

    Rapimento a Torre Canne: la Cassazione annulla la sentenza d’appello che ora deve essere rivista

    Decisione innovativa della Corte di Cassazione che rifacendosi ad una sentenza della Corte Costituzionale ha accolto il ricorso degli avvocati difensori
    RedazioneDa RedazioneOttobre 23, 20123 minuti di lettura
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    Rapimento a Torre Canne: la Cassazione annulla la sentenza d'appello che ora deve essere rivista - Osservatorio Fasano
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    FASANO – La Corte d’Appello di Lecce aveva inflitto pene pesantissime alla banda campano-fasanese che nel 2008 sequestrò per tre giorni l’allora 27enne pescarese Paolo Vianale, tenendolo prigioniero prima in una masseria tra Fasano e Ostuni e poi in un appartamento a Torre Canne. Ora la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati difensori (Marcello Zizzi, Domenico Valletta, Giacomo Lombardi, Gianvito Lillo, Umberto Sforza e Vito Epifani) annullando quella sentenza e rinviando il tutto ad un’altra sezione della Corte d’Appello leccese che dovrà ora rivederla.

     

    Per sequestro di persona a scopo di estorsione la Corte d’Appello leccese confermò, nel 2011, le condanne ottenute un primo grado: Mario Donnarumma, di Torre Annunziata, luogotenente del clan Gionta, uno dei più attivi sodalizi della camorra, fu condannato a 18 anni e 6 mesi di carcere; tutti gli altri, Pietro Liuzzi di Montalbano, Sante Pantaleo di Pezze di Greco, Francesco Pinto di Montalbano e Claudio Russo di Montalbano a 17 anni e 2 mesi di carcere. Solo uno degli imputati, il montalbanese Filippo Russo (fratello di Claudio) beneficiò di una riduzione di pena in quanto i giudici tennero conto della collaborazione che lo stesso prestò alle forze dell’ordine per la ricostruzione dei fatti. E così dai 17 anni e 2 mesi di reclusione del primo grado la pena scese a 10 anni in appello. A tutti gli imputati i giudici avevano comminato la pena accessoria di tre anni di libertà vigilata a fine espiazione della pena principale.

     

    Ma, come detto, ora questa sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione e dovrà essere rivista. I difensori, tra i motivi del ricorso, hanno anche portato la sentenza della Corte Costituzionale n. 68 del 23 marzo scorso in cui la stessa Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 630 del codice penale (quello sui sequestri di persona appunto) nella parte in cui non prevede che la pena sia diminuita quando ricorra l'attenuante della lieve entità del fatto. La sentenza nasce dal ricorso di un giudice per le indagini preliminari di Venezia secondo il quale vigeva un'irrazionale disparità di trattamento tra la norma che punisce il sequestro di persona a scopo terroristico o eversivo, alla quale si applica l'attenuante della lieve entità del fatto di cui all'art. 311 del codice penale e l'art. 630 che punisce il sequestro di persona a scopo di estorsione e per il quale non era prevista l'applicazione della suddetta attenuante. Ecco quindi che la Cassazione si è espressa forse per la prima volta in merito annullando la sentenza d’appello in cui erano coinvolti diversi fasanesi che ora, con ogni probabilità, si vedranno ridotta notevolmente la pena.

     

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