GIUSTIZIA ORDINARIA
Patenti facili: condanna per falso ideologico per titolare di autoscuola di Fasano
Giuseppe Caramia era rimasto coinvolto nell'inchiesta partita nel 2010 dopo la denuncia di una donna fasanese
FASANO - Escogitarono un sistema al fine di favorire chi avesse avuto difficoltà agli esami a quiz per la patente: un orologio con telefonino cellulare e una trasmittente per i suggerimenti. Furono otto le persone coinvolte nell'inchiesta "Patente 2.0" a cui vennero notifivate, nel marzo del 2012, ordinanze di custodia cautelare. Nel marzo del 2013, poi, le stesse finirono davanti al giudice dell'udienza preliminare Paola Liaci. Tra queste anche Giuseppe Caramia di Alberobello ma titolare di una scuola guida a Fasano che il 16 luglio scorso è stato condannato ad un anno e dieci mesi (pena sospesa) per falso ideologico. Caduta, invece, l'accusa di associazione a delinquere. Caramia era difeso dall'avvocato Bernardino Turchiarulo.
I reati che furono contestati dal gip erano associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la fede pubblica ai titolari di scuola guida, induzione, mediante inganno, a formare atti pubblici ideologicamente falsi, presentazione, come propria, di opera altrui a titolari di scuola guida e candidati. Dal gennaio 2011 furono effettuate dalla Guardia di Finanza di Fasano numerose intercettazioni telefoniche a supporto dell'attività investigativa. Secondo quanto fu accertato bastavano 2mila euro per superare i test della prova scritta. “Chi doveva sostenere la prova di esame, presentato normalmente come privatista, era dotato - secondo quanto appurato dalla Guardia di Finanza - di una trasmittente, costituita da un orologio con incorporato un telefono cellulare, nonché di due telefoni cellulari, in modalità vibrazione, tenuti il primo nella tasca sinistra e il secondo nella tasca destra. In particolare, l'orologio-cellulare, serviva a comunicare ad altro soggetto dell'organizzazione, normalmente appostato nei pressi della Motorizzazione, dotato di materiale utile per la soluzione dei test e di precise cognizioni in materia sulle domande d'esame. Costui, ricevuto il contenuto della domanda, faceva squillare il telefono posto nella tasca destra o nella tasca sinistra dell'esaminando, a seconda della correttezza o meno della risposta. Ricevuto il segnale l'esaminando indicava la risposta sul proprio test, così falsando l'intera prova”.
A denunciare tutto fu una donna fasanese, G. L. Anche a lei era stata fatta la proposta indecente: sarebbero solo bastati 2mila euro. Ma la donna, nel luglio del 2010, si presentò alla Guardia di Finanza, a Fasano, per raccontare tutto e partirono le indagini. Alcuni coinvolti erano già stati condannati col rito abbreviato mentre Caramia aveva scelto il rito ordinario che si è concluso, ora, con la condanna in primo grado solo per falso ideologico mentre sono venuti meno altri capi d'imputazione.
di Redazione
02/08/2014 alle 08:18:44
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