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    Cultura & Spettacolo

    Il Rotary Club Fasano racconta Egnazia

    Il prof Crispino ha effettuato, venerdì 12 marzo, una importante lezione sulla percezione di Egnazia nel Settecento attraverso le fonti storiche
    Marica MastrangeloDa Marica MastrangeloMarzo 15, 2021Aggiornato il:Agosto 5, 20255 minuti di lettura
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    Il Rotary Club Fasano racconta Egnazia - Osservatorio Fasano
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    Fasano – Lo scorso venerdì, 12 marzo, il Rotary Club Fasano ha organizzato un seminario online (sulla piattaforma ZOOM) sull’antica città di Egnazia. Tema dell’incontro è stato “Egnazia nel '700: in viaggio tra Cabrei, disegni e racconti del Gran Tour” che è stato affrontato dal prof. Alessandro Crispino, dottore di ricerca presso l’università “Aldo Moro” di Bari.

    I tradizionali saluti di rito sono stati effettuati dalla presidente del sodalizio rotariano fasanese, Titti Ferrara, e dall’assistente del governatore rotariano, Gian Michele Pavone, dopo l’ascolto dell’inno nazionale italiano, di quello europeo e di quello rotariano.

    Da sottolineare come all’evento hanno preso parte diverse realtà rotariane pugliesi ma anche nazionali, i docenti e gli alunni di alcune classi dell’IISS “Leonardo da Vinci” ed esponenti di alcune realtà associative culturali locali. “Sono felice che con questa modalità di incontro siano collegati numerosi amici– afferma Titti Ferrara –, rotariani e no. Per noi è un onore che siate collegati con noi. Per me, e per il Rotary, obiettivo fondamentale è valorizzare i beni culturali, in particolare quelli archeologici ma soprattutto lavorare con i ragazzi, e la loro partecipazione questa sera ci rende orgogliosi. Io non parlerei di lezione del prof. Crispino ma piuttosto di un viaggio tra documenti editi e inediti sul più importante sito archeologico del territorio di Fasano. Le fonti archeologiche ci consentono di avere informazioni sulla città sino alla sua distruzione nel 1200 ma poco conosciamo della “seconda vita” della città, della meraviglia che suscita nei viaggiatori del Settecento. Questa sera noi non saremo semplici turisti ma esploratori del Settecento alla riscoperta delle vestigie della città romana di Egnazia”.

    Il professore Crispino introduce l’argomento spiegando come lo studio sui rinvenimenti monetali con un approccio multidisciplinare (come spesso accade nelle ricerche archeologiche sistematiche) consente anche di confrontarsi con fonti storiche non convenzionali: in particolare i cabrei realizzati nel corso dei secoli scorsi.

    “Proprio l’Ordine dei Cavalieri di Malta – dichiara Alessandro Crispino –, tra 1600 e 1700, fu molto proficuo nella realizzazione dei cabrei cartografici, esclusivamente realizzati a mano, in cui venivano riprodotti i beni materiali e i luoghi posseduti ma anche quelli che venivano percorsi durante i pellegrinaggi. Tali preziosi documenti cartografici sono conservati negli archivi storici di Stato a Bari e Napoli ma anche in quelli della diocesi. Insieme ai cabrei ho analizzato anche i racconti e i disegni di quei pochi viaggiatori, molto temerari, che affrontavano il viaggio in Puglia (tappa non consona nei Grand Tour del periodo) perché considerati luoghi pericolosi, tanto che in alcuni scritti si suggerisce di effettuare testamento di morte prima di intraprendere il viaggio per la Puglia. Tutto il contrario della situazione attuale in cui la Puglia è tra le mete più gettonate. La prima fonte che ci racconta di Egnazia è proprio Orazio nella Satira V, in cui egli definisce che l’acqua che si beveva ad Egna fosse “salmastra”. Le ricerche archeologiche hanno messo in evidenzia come numerosi pozzi della città risultano colmati nel periodo imperiale sancendo la non potabilità delle acque, ma recentemente, grazie alle indagini archeologiche, si pensa anche ad interventi di bonifica di zone paludose che hanno modificato la presenza delle sorgenti. Si ipotizza, come in diverse messapiche (Muro Leccese, Muro Tenente, Oria, Rudiae) che al centro della città ci fosse un lacus, una sorta di bacino d’acqua naturale, una riserva d’acqua (in alcuni casi prosciugato nel tempo e trasformato in anfiteatro). Sino al 1900 numerose sono le zone paludose intorno Egnazia e le numerose aree di canneto attuali ce lo ricordano. In sintesi, ciò che i romani avevano sottratto alla natura con le azioni di bonifica nel corso dei secoli di abbandono la natura ne è tornata in possesso”. “Nel 1600 abbiamo i primi viaggiatori ad Egnazia – prosegue Crispino -, come Leandro Alberti (bolognese) che descrive i ruderi dell’antica Egnazia, in cui ci si rende conto che intorno all’acropoli vi erano alberi di ulivi e la presenza di una chiesa con campanile e un pozzo. L’acqua era importantissima nei campi agricoli dell’epoca, in cui mancava l’irrigazione moderna. Il 25 marzo 1717 passa da Egnazia un vescovo irlandese che parla di un fenomeno di “liquefazione” con la campagna “arida”. I cabrei ci aiutano a comprende le mutazioni paesaggistiche nel corso del tempo, aiutando anche gli archeologi nell’individuazione di “strutture scomparse” citate dalle fonti. Dall’analisi dei cabrei si comprende come i Cavalieri di Malta utilizzarono l’area del parco archeologico come seminativo di grano. Dall’analisi dei cabrei si nota come l’area in cui insisteva l’antica città di Egnazia era costellata da numerosi pozzi e fontane che rendevano l’area ricca di risorse idriche (visibili tutt’oggi). Numerosi elementi architettonici sono tutt’ora visibili come l’edificio della dogana, l’edicola in direzione di Savelletri sono riportati anche nei cabrei.”

    Il professor Crispino ha condotto gli attenti ascoltatori in un viaggio nel tempo molto approfondito che ha consentito di far luce su alcuni secoli “bui” della città, in particolare a sfatare il mito che l’acqua di Egnazia fosse putrida mettendo in evidenza come alcuni disegni del tempo possano “aiutare” i ricercatori moderni a far luce sui luoghi della città.

    In conclusione, Stefano L'Abbate ha avanzato l'ipotesi di inserire il prof. Crispino all'interno del Comitato Scientifico della Fondazione Egnazia, nonchè di raccogliere queste informazioni in una sorte di dono da consegnare ai pellegrini della Via Francigena il prossimo ottobre 2021. 

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    Marica Mastrangelo

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