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    Ieri

    Don Giuseppe, il prete dei bambini

    da Osservatorio n. 4-2002
    RedazioneDa RedazioneOttobre 28, 20157 minuti di lettura
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    Don Giuseppe, il prete dei bambini - Osservatorio Fasano
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    Un servitore generoso dell’uomo. Così tutti ricordano la figura del pio sacerdote Giuseppe Cavaliere, e così lo definisce Angelo Catarozzolo nel libro La pastorale del cuore: memoria e gratitudine, di recente pubblicato dall’Associazione Amici della Biblioteca “Annibale De Leo” di Brindisi. Don Giuseppe è caro a tutti i fasanesi, perché fu lui a realizzare in Laureto la “Casa del Sole”, nome magico e meraviglioso per una struttura destinata ad alleviare le sofferenze e l’emarginazione dei bambini provenienti da famiglie disagiate. Il fratello nel sacerdozio mons. Catarozzolo rievoca nel suo volume l’avventura umana di questo prete coraggioso, insieme alle biografie di altri quattro “campioni della carità”, tutti della diocesi brindisina, ancora «vivi nel ricordo e nelle opere»: si tratta di don Italo Pignatelli, don Vincenzo Zagà, don Vito Dell’Anna e don Andrea Melpignano, realizzatori di numerose opere educative e sociali.

    La “Casa del Sole” sorse nel 1954, quando mons. Giuseppe Cavaliere era già da dieci anni rettore del Santuario S. Maria degli Angeli in Brindisi. Don Giuseppe era nato a San Vito dei Normanni nel 1919 ed era diventato sacerdote nel 1942, dopo gli studi filosofici e teologici condotti nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta. Dotato di un forte ardore apostolico, si meritò subito la fiducia del vescovo brindisino Francesco De Filippis.

    Introdusse nella sua parrocchia i “ritiri di perseveranza” per soli uomini, un metodo di catechesi usato dai Gesuiti per approfondire i dogmi di fede replicando alle obiezioni più ricorrenti. Si dedicò anche alla formazione dei gruppi giovanili di Azione Cattolica, di cui era assistente diocesano. Fu inoltre animatore dei maestri cattolici (Aimc) e degli scout.

    A soli 35 anni don Giuseppe venne “promosso” parroco della Basilica Cattedrale di Brindisi: ed era proprio il 1954, lo stesso anno in cui vide la luce, nella «ridente e salubre zona collinare» di Laureto, la Casa del Sole. «Pur semplice e bonario nel comportamento – scrive Catarozzolo – in don Giuseppe spiccava la grande esuberanza del pastore». Si ritrovò così «nel ruolo di operatore sociale, con l’audacia dell’utopia evangelica di dilatare gli spazi della carità».

    Come nacque nel sacerdote l’idea della colonia per minori? Il suo ufficio parrocchiale «era meta continua di poveri in cerca di aiuto. Il contatto con le famiglie in difficoltà, che costituivano gran parte del tessuto urbano, comprendente abitazioni modeste e spesso fatiscenti, gli fece portare attenzione ai ragazzi privati della gioia di vivere in serenità gli albori dell’esistenza, sollecitandolo a istituire per essi luoghi di accoglienza e di crescita umana e civile».

    Ed ecco la Casa del Sole, da lui realizzata in collaborazione con il Cif (Centro Italiano Femminile), e «organizzata con i più moderni metodi pedagogici». Nella grande casa di Laureto, dotata di ampi spazi verdi esterni, «i piccoli ospiti vivevano in clima di famiglia, seguiti con premura materna non da istitutrici ma da “zie”, superando gli anacronistici metodi dei collegi per minori».

    Quante partite di calcio, sul campetto della Casa del Sole, in estate, fra i bambini di don Giuseppe e i ragazzini fasanesi villeggianti nei dintorni… Quanti giochi in quella pineta, e scorpacciate di fichi, more, lazzeruoli, con amicizie che nascevano durante le vacanze…

    Dieci anni dopo, nel 1964, il sacerdote diede conferma della sua grande concretezza pastorale aprendo sul litorale brindisino l’Istituto “Margiotta” (dal nome dell’arcivescovo Nicola Margiotta che gli aveva affidato la Cattedrale), in modo che i ragazzi, una volta raggiunta l’adolescenza, passassero dalla Casa del Sole alla nuova struttura, destinata appunto alla formazione umana, sociale, culturale dei più grandicelli. «Una grande mole di lavoro apostolico, dunque – scrive ancora Catarozzolo su don Giuseppe – con consensi e apprezzamento dei superiori e dei fedeli, sì da meritare l’onorificenza pontificia di “Cameriere Segreto di Sua Santità” con il titolo di Monsignore».

    «Cuore di sacerdote forte e tenero nell’amore verso i piccoli – chiosa l’autore del libro –, cuore coraggioso nelle difficoltà incontrate nel realizzare le opere sociali, cuore mite nel donarsi ai piccoli per condurli a essere promessa di una nuova umanità… Personalità integra e trasparente, temperamento sereno e aperto alla cordialità e all’accoglienza, amò quanti incontrava con cuore di fanciullo e sensibilità di prete».

    La Casa del Sole è di proprietà del Cif. Grazia Gallone, presidente del Cif provinciale, grande collaboratrice del fondatore e attuale amministratrice dell’istituto lauretano (che oggi, purtroppo, funziona a scartamento ridotto), offre con affetto la sua testimonianza sulla figura di don Giuseppe, «ideatore appassionato», consulente ecclesiastico dello stesso Cif: «Visse e si interessò ai più deboli, ai senza voce né nome… Volle partire dalle esigenze dei bambini», per i quali il suo cuore batteva in maniera particolare. Tutto iniziò, racconta la prof. Gallone, con «un colloquio che un genitore ebbe con lui, parroco e confessore: quel padre era affetto da Tbc, ricoverato presso il “Cesare Braico” di Brindisi, ma era anche un padre angosciato dalla preoccupazione di poter essere veicolo di contagio per i figli, tutti in tenera età. Don Giuseppe ebbe un’illuminazione che subito comunicò al suo interlocutore: creare un rifugio in zona salubre che potesse accogliere permanentemente bambini dai 3 ai 10-12 anni, maschi e femmine, figli di tubercolotici. Il signore, anche lui folgorato dall’improvvisazione della proposta, estrasse dalla tasca una moneta dell’epoca, dieci lire, e la donò come prima pietra dell’opera. Sorse così la “Casa del Sole”, intitolata alla Madonna di Lourdes, nella frazione di Laureto, nel Comune di Fasano. Fu inaugurata nella primavera del 1954 e da allora sono passati infiniti gruppi di bambini e poi adolescenti di ambo i sessi, distinti per bisogni preponderanti: dai figli di tubercolotici agli orfani di lavoratori, dai figli di ragazze madri ai provenienti da famiglie numerose o in difficoltà, fino a quando, con l’avvento della legge sul divorzio, sono stati avviati dalle istituzioni pubbliche, preposte all’assistenza, minori figli di genitori separati o divorziati o coinvolti in convivenze turbolente: l’iniziativa fu favorita dalla collaborazione coi servizi sociali territoriali e i tribunali minorili. Si seguì il metodo “famiglia” e la formazione delle assistenti ebbe i suoi progetti e verifiche, da cui derivano metodologie appropriate dietro la guida di personale illuminato e qualificato».

    Don Giuseppe Cavaliere morì in Brindisi il 16 novembre del 1980. Quel giorno si trovava al “Margiotta”, in mezzo ai suoi ragazzi, nell’istituto che aveva ideato a completamento della Casa del Sole. Le sue ultime parole furono: «Tutto è compiuto, Signore! Nelle tue braccia ripongo il mio spirito».

    Nel testamento spirituale, che aveva vergato nel 1963, si legge: «Affido all’Arcivescovo tutti i miei bambini delle due case di Laureto e di Brindisi con preghiera di continuare, se lo riterrà opportuno, il metodo di servire Dio in loro. Ho lavorato per quelle due case, forse a scapito del lavoro parrocchiale, ma in quei piccoli vedevo Gesù che voleva essere aiutato! I bambini della mia parrocchia appartengono in genere a famiglie agiate, quei piccoli della Casa del Sole spesso hanno solo occhi per piangere. A tutti i bambini che mi hanno amato come un padre la preghiera di chiedere al Signore la salvezza della mia anima… Tutto ciò che ho fatto, sia in Cattedrale che nell’ufficio rimane proprietà della parrocchia, anche se comprato con sacrifici personali. Alla Casa del Sole lascio a ricordo del mio affetto il Crocifisso di legno che trovasi nel mio ufficio parrocchiale».

    Parole che costituiscono l’epitaffio di una vita donata totalmente al prossimo. (g.q.)

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